Marco Zatterin / 14 novembre 2025
Commento n. 015/2025 NS
Lo scrittore scozzese William Darlymple racconta la sua India e il futuro delle relazioni con la vecchia Europa. La strada è segnata: serve il dialogo perché Modi ha bisogno di noi e noi di lui, ma non divorzierà da Putin e non romperà con la Cina.
“Non dimenticate mai la Via dell’Oro”, avverte William Darlymple, rapido a ricordare che era già lì a unire la Roma imperiale con l’Asia duemila anni fa, molto prima che a fine Ottocento un geologo tedesco, Ferdinand von Richthofen, zio del Barone Rosso, inventasse la Via della Seta. Invita a tenerla presente a maggior ragione ora che gli Emirati arabi sognano una ferrovia sottomarina con treni a alta velocità per collegare Fujairah e Mumbai. È una realtà antica da riconsiderare, assicura lo scrittore scozzese che da anni vive fra Londra e Delhi: è il passato che illumina il presente e invita a riflettere sui destini che ci attendono. Cambia il punto di vista, si rivede la prospettiva sulla base della quale ogni giorno definiamo i nostri orientamenti e prendiamo le nostre decisioni. Ciò che è stato è ancora qui, quel che verrà è nelle nostre mani.
La prima considerazione è che “non vorremmo vedere l’India scendere il campo con la Cina nella sfida contro l’Occidente”. Il problema, ragiona ad alta voce Darlymple, è che lo scenario si complica ogni giorno, “Donald Trump ha fatto un brutto autogol” con il presidente Modi, e l’Europa deve accettare di dialogare da partner con il colosso asiatico, anche se continuerà ad avere una relazione stretta con i russi, un patto fra giganti che difficilmente vedremo rompersi in un tempo vicino.
Per illustrare il quadro, lo storico britannico usa i numeri e le carte geografiche. L’India, riepiloga, “è la quinta economia del mondo e presto sarà nei primi tre, superando Germania e Giappone, il che non deve essere una sorpresa, perché è un ritorno alle origini”. Nel suo “La Via dell’Oro”, pubblicato da Adelphi, ha seminato gli argomenti necessari per rimettere Delhi al centro del palcoscenico.
In breve, sostiene che la Via della Seta è una trovata geniale recente rigenerata della Cina di Xi, dimostrando che la vera strada dei commerci era quella aperta da romani in cerca dell’adorato metallo giallo già nell’era di Augusto. “L’India è il Paese che conserva nei musei il maggior numero di monete romane fuori dall’Europa”, è la prova che ostenta, anche perché “per tre secoli, a partire dalla battaglia di Azio nel 31 a.C., le principali rotte commerciali tra Oriente e Occidente non furono le rotte terrestri, spesso sbarrate dal conflitto fra Roma e i Parti, bensì la Via dell’Oro dei mari aperti che solcava le turbolenti acque del Mar Rosso e dell’Oceano Indiano”.
Il secondo passo sta nella difesa del secolare primato dell’Indosfera, costruita ripercorrendo la diffusione a lungo inarrestabile del buddismo, il cui numero di praticanti oggi in Cina è ancora il più alto del mondo. Infine compare il tema, spesso trascurato, di come i numeri arabi fossero in realtà i numeri indiani e di quanto importante sia stata l’opera del pisano Leonardo Fibonacci nella loro diffusione in Europa.
India caput mundi, insomma. Comunque, più della Cina.
Darlymple, nato a Edimburgo nel 1965 da una famiglia dal pedigree pesante, illustra il suo schema con un inglese appena velato dall’accento della madre patria Lothian. Il pensiero arriva da lontano, ma corre sino all’incontro recente fra i tre leader dell’autoproclamato Grande Sud, il russo Putin, il cinese Xi e l’indiano Modi. L’altro mondo, tostissimo. Un terzetto che profitta dell’incertezza diffusa dalla seconda presidenza Trump, uno che – sentenzia lo scrittore – si è fatto male da solo provocando il braccio di ferro con Delhi. La sua convinzione è che il Tycoon abbia “danneggiato severamente gli interessi di sicurezza occidentali a lungo termine, perché subito Modi è andato dritto a Xi Jinping ed è sbocciata un'alleanza dove prima c'era inimicizia”. E l'India, insiste, “difenderà naturalmente i propri interessi: per questo ritengo sia stato un errore mostruosamente stupido”.
Per l’Europa ci sono opportunità e rischi allo stesso tempo. La prospettiva è che “non vogliamo che l'India si unisca al campo cinese che affronta l'Occidente”. Pertanto, “abbiamo una scelta, possiamo trattarlo come un amico, oppure affrontarlo come un nemico e umiliarlo, dimenticando cosa succederebbe se li rifiutassimo: Modi lo ha dimostrato molto chiaramente”. Perderemmo il partner che loro vorrebbero essere e rafforzeremmo il campo dei nostri rivali. Non conviene, è il punto dello scozzese: “Abbiamo bisogno dell’India”.
C’è però un problema, no? L’India compra idrocarburi dalla Russia che è in guerra con l’Ucraina. “Modi fa gli interessi del suo Paese – ribatte pragmatico Darlymple –. Il petrolio di Putin è un affare maledettamente buono per l’India che paga poco l’energia e versa a Mosca la valuta straniera di cui ha bisogno. Modi non ha le risorse che gli necessitano e non cambierà gioco. Così anche noi dobbiamo perseguire il nostro interesse, cioè “lasciare che acquistino il greggio dalla Russia e mantenere il dialogo aperto, tenendo presente che non sono gli indiani a bramare l’amicizia di Xi, poiché non lo vedono come un alleato naturale, bensì come un concorrente”. E un potenziale nemico, come si è visto in Bhutan, in Nepal e in Myanmar.
Il senso di fondo è che Modi preferisce avere un rapporto pacifico con Pechino. Quanto alla Russia, “la relazione è profonda” e Mosca “è stata un amico stabile a lungo, mentre le relazioni con l’Ovest erano altalenanti”. L’attuale scenario, puntualizza Darlymple, non autorizza nemmeno a immaginare che l’imperialismo rinnovato dello zar Vlad possa riproporre il Grande Gioco afgano, perché “nel breve termine la Russia non potrà essere una vera minaccia per Delhi”. Il XIX secolo è finito, sorride, non è “più il tempo degli agenti e delle spie nell’Asia centrale”.
Nessuna paura? In Europa c’è chi guarda al Cremlino con preoccupazione. La replica è secca. “Non credo che la Russia abbia un'economia abbastanza forte da giustificare la minaccia massiccia che a volte percepiamo – sentenzia, la Russia sta giocando una mano aggressiva senza avere in mano carte particolarmente buone”. Davvero? “Sono sempre stupito da quanto sia influente nonostante abbia un'economia di ottavo livello: ha un ruolo sproporzionato nel mondo di oggi rispetto alle sue capacità”. L’India, sorride, lo ha capito e si comporta di conseguenza. L’Europa e i partner dell’Occidente dovrebbero avere la forza e la lungimiranza di fare altrettanto. Magari cominciando a consolidare i rapporti con Modi. Il resto, a quanto pare, verrà di conseguenza.
*Consigliere Fondazione CSF

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